Un’antica fantasia di fiori e colori.

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Credo di essermi persa ad una festa dove io sono l’unica ad indossare l’abito sbagliato. Ché se anche fosse l’acquisto migliore che avessi mai fatto fino a quel momento, adesso, più lo guardo a più penso che sia così banale. E a questa festa, su un terrazzo, c’è rumore di tacchi, colori accesi, musica ad alto volume. E quindi mi siedo, poso la borsetta e mi alieno per sentirmi ancora più travolta da tutto questo show che domani mattina mi sembrerà che non sia mai esistito. Ci sono donne per bene in pelliccia, uomini che sembrano delle stravaganti rock star anni ’70 in completo verde smeraldo. Ci sono delle ragazze dagli abiti leggeri, trasparenti con bottoni e ruches che sembrano disegnati. Molti indossano grossi occhiali quadrati e dorati pieni di paillettes. E poi ci sono fiori ovunque, non i classici fiorellini rosa ma una sorta di tulipani, come quelli che decorano i kimono giapponesi, che si perdono in una disincantata e romantica atmosfera fatta di contrasti e vibrazioni. Ci sono tacchi alti con grossi plateau rossi, argento, a righe e si incrociano, si muovono sul ritmo e a volte inciampano. Inciampano in quelle lunghe gonne a balze. Ci sono dei colletti chiusi fino all’ultimo bottone circondati da grandi e morbidi fiocchi. Ma la cosa che continua a rapire i miei occhi sono tutti questi colori che si incontrano e si abbracciano e sono forti, luminosi e quasi confondono lo sguardo che si perde dentro pattern di cartine geografiche, piante tropicali e poi quelle due G che si incrociano ripetutamente da quasi cent’anni. Dentro questa storia che mi sembra scritta e sceneggiata da Wes Anderson ed uscita fuori dalle gonne di Frida Kahlo c’è un tributo alla moda che rinasce, che sogna, che si guarda indietro e si fa nuova. C’è un’eco di giovani spensierati e promiscui. C’è un desiderio che quasi non appartiene a questo tempo. E non ci sono regole su come sentirsi liberi nell’indossare un completo turchese andando in skateboard. E tutto questo mi piace perchè io che non vivo senza connessione ad internet e voli low cost continuo ad immaginare nelle mie più belle fantasie cosa avrei indossato a quella festa di fine estate se fossi nata cinquant’anni fa. Forse proprio un abito così, con la gonna a plissè e dei sandali dorati a fasce incrociate. E avrei conosciuto lì, il primo amore, in dei pantaloni scampanati e una camicia rosa. E poi penso anche che, ora, allo stesso modo, sceglierei sempre quell’abito da portare via dal negozio in centro. Ma adesso che la festa è finita, quelle facce lì le ritrovo solo sulle pagine del giornale, che puntuale compro il giovedì e la borsa della ragazza mi sembra come quella di cuoio, che mi ha lasciato mia nonna, il suo cimelio dall’odore antico.
E quindi grazie Alessandro Michele, per avermi fatto sognare un pò mentre dalla mia sedia seguivo la tua passerella.

TM

 

 

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