Winter Song suona così, viene fuori dalla playlist che ho scelto oggi su spotify e si abbina perfettamente al cielo grigio, alle goccioline di pioggia sulla finestra, al freddo della camera. E si abbina alle distanze, alle mancanze, alle abitudini perse, al tè caldo che ho smesso di prepararmi da qualche giorno. Questo è il limbo dei cambiamenti, dei trasferimenti e dei sogni quando stanno per uscire dal cassetto. Come una mamma che soffre le contrazioni del parto prima di godere della vista della creatura più bella che la vita le ha fatto incontrare. Così sono i sogni. Spingono da tutte le parti e a volte fanno marcia indietro. Poi li fai uscire fuori e senti tutta la fatica per cacciarli via e fare spazio nel comò accanto al letto. Ché quando uno non lo sa crede che sia così facile realizzarli e che vada tutto liscio come quando cade l’olio sulle frise in una calda sera d’estate in Puglia. Ma non va proprio in questo modo e alla fine magari vorresti averli lasciati chiusi lì, forse anche con un bel lucchetto, più forte di quello del diario segreto che scrivevi da bambina. I sogni, i progetti, le ambizioni sono belli perché ci fanno immaginare tutto il meglio che vorremmo dalla nostra vita ma con quel pizzico di superficialità e ingenuità che fa parte della nostra fantasia. Tante volte mi sono chiesta se i sogni restano sempre nel fondo del cassetto dietro i calzini e le sigarette perché in fin dei conti siamo contenti comunque e non abbiamo bisogno di farli uscire fuori ma preferiamo lasciarli lì e andarli a trovare quando abbiamo bisogno di evadere un po’ in una giornata con le calze smagliate, l’ombrello rotto e le chiavi dimenticate dentro casa. Siamo contenti anche così con quel poco che alla fine ci appaga e ci fa sentire semplici e felici. Io la mia felicità la trovo nel tepore delle mura della mia camera, nel sorriso della persona che amo quando mi aspetta sotto casa dopo l’ufficio, nella pizza a domicilio che fa sempre un po’ ritardo, nelle passeggiate della domenica con il mare, i gabbiani e il sole a mezzogiorno. E nonostante tutto un giorno ho deciso di mettere in stand by la mia pace per lasciar uscire fuori i sogni, sentendoli un po’ stretti, pensando se fossero così belli come ho sempre immaginato e se siano effettivamente quello che cerco. Ma mentre facevo tutto questo ero già in corsa sulla mia graziella rossa a sistemare tutto, a cercare un nuovo ordine, a sospirare. Ero già nella giostra anche se non ho ancora raccolto tutti i pezzi dell’armatura. E adesso bisogna aspettare la fine del giro per dirsi contenti, infelici, soddisfatti, illusi. E bisogna aspettare la fine del giro per mettere insieme due storie diverse e farle incontrare e farle innamorare e farle convivere perché i sogni se viaggiano da soli sono sempre un po’ tristi e annoiati e hanno bisogno di sapere che la sera si può sempre tornare a casa a godersi la tranquillità e la monotonia sul divano.
TM