Sono fatte di libri, dispense e riassunti.
Sono fatte di sudore, difficoltà e “botte di culo”.
Sono fatte di pendolari e fuori sede.
Sono fatte di relatori indifferenti e commissari dalla domanda facile.
E poi alla fine sono lauree.
Quelle che si prendono per diventare i grandi del domani;
che si conquistano nonostante l’ombra della crisi, della disoccupazione e della raccomandazione;
che tracciano, tra nascita, diciott’anni e diploma, uno dei traguardi più importanti della vita.
Perché sentirsi grandi per un giorno, con mazzo di fiori, corone di alloro e libri alla mano, scritti di proprio pugno, quasi a sentirsi le nuove stelle dell’editoria nazionale, è qualcosa che si cerca e si vuole ancora, un po’ come si cercano i 15 minuti di celebrità di cui parlava Warhol.
Il tutto infarcito di amiche con trombette, bolle di sapone e foto compromettenti.
Parenti con bustine, fiocchetti e promettenti scapoli d’oro da dispensare a destra e a manca dipinti come l’incarnazione ideale tra Zuckerberg e Nick Bateman.
E ristoranti che sfornano mille mila portate tra un antipasto e un primo come tradizione vuole in ogni tipica città del sud, dove mangiare è una cosa sacra.
Ed in fine, per parlare di quello che più ci piace, alle lauree ci sono anche pumps e décolleté rigorosamente nere con profili oro; little black dress, perché bisogna essere sobri ed eleganti;
boccoli e leggerissimi smoky eyes.
Le clutch rigide, small e in contrasto cromatico, le recuperiamo in secondo momento, dopo le strette di mano e le congratulazioni.
Alla fine una laurea non è così male.
Ma a Novembre ne riparleremo meglio.
TM
Non sono mai andato all’università, i miei 15 minuti di notorietà probabilmente me li sono giocati partecipando a solletico 🙂
Ahahah 🙂 beh meglio di niente allora!